Frank Ocean, “Moon River”
Bisogna dare credito a Frank Ocean. Prima di tutto, la sua recente decisione di coverizzare “Moon River” ha richiesto coraggio, dato che la canzone, vecchia più di mezzo secolo, potrebbe essere persa dai suoi fan più giovani. Nel frattempo, l’idea che potesse portare qualcosa di nuovo a questo cavallo di battaglia che è stato fatto un milione di volte prima sembrava una follia. Eppure ha fatto un lavoro sorprendente, dato che ognuna delle sue voci multitraccia sembrava arrivare a quella melodia consumata dal tempo da un’angolazione diversa con tempi diversi, trovando nuove torsioni su una delle melodie più malinconiche mai scritte.
Nel 1961, Henry Mancini sognò quella melodia sospirata, quando era al culmine dei suoi poteri compositivi. Quel balzo da cardiopalma sulla scala dalla prima nota alla seconda sembrava rappresentare lo spirito avventuroso del testo evocato dall’asso dei testi Johnny Mercer. Mercer doveva immaginare che le parole fossero cantate da Audrey Hepburn nel ruolo di Holly Golightly nella versione cinematografica di Colazione da Tiffany. La Hepburn la canta nel film seduta su una scala antincendio, strimpellando una chitarra, con la sua voce che si arriccia intorno alle parole come un gatto mentre un accenno di lacrima si forma all’angolo dell’occhio. Il povero George Peppard non ha mai avuto una possibilità.
Il film fu un successo e la canzone vinse ogni premio sotto il sole. “Moon River” è diventata uno standard a tempo di record, e sarebbe più facile elencare i cantanti che non ci hanno provato che nominare quelli che ci hanno provato. Discutere su quale versione sia definitiva è un ottimo modo per ammazzare un pomeriggio, anche se Andy Williams è l’unico artista che può affermare di averne fatto la sua canzone d’autore.
Cos’è allora di “Moon River” che ci affascina così tanto? Beh, le canzoni agrodolci sono sempre una buona scommessa, perché permettono all’ascoltatore di percorrere la gamma delle emozioni nei pochi minuti di durata della musica. E “Moon River” potrebbe essere il massimo delle canzoni agrodolci. Ogni momento di speranza è contrastato da uno malinconico. Pensate al modo in cui il narratore chiama il fiume “You dream maker/You heartbreaker” in versi successivi. O al modo in cui lo stesso narratore promette “Ti sto attraversando con stile” solo per qualificarlo con “un giorno”.
Arriverà mai quel “un giorno”? Dipende dal tipo di umore in cui ci si trova nel momento in cui lo si ascolta. Il narratore trova uno spirito affine nel fiume, personificandolo per allontanare la solitudine. L’obiettivo di questi “due vagabondi”: “Stiamo inseguendo la stessa fine dell’arcobaleno/Aspettando dietro la curva”. Mercer ha poi tirato fuori la perfetta descrizione del fiume: “My huckleberry friend.”
Perché huckleberry? Nel libro Portrait Of Johnny: The Life Of John Herndon Mercer, il paroliere è citato così: “Quando sono cresciuto nel Sud, vicino a un fiume, c’erano sempre cespugli selvatici, more, fragole, piccole fragole selvatiche, ciliegi selvatici e mirtilli, e questo, insieme al nome Huckleberry Finn – e Mark Twain aveva scritto del Mississippi, e questa ragazza in Colazione da Tiffany era di quelle parti, laggiù nel sud-ovest degli Stati Uniti, sembrava proprio adatto al bisogno.”
Mercer decise saggiamente di lasciare che quella parola facesse la sua misteriosa magia. Con quel testo annidato nella lussuosa cornice musicale di Mancini, beh, basta chiudere gli occhi per immaginare la luna che emerge da una nuvola mentre il fiume sottostante aspetta pazientemente il bagliore. A pensarci bene, Frank Ocean non avrebbe potuto scegliere una canzone migliore da coverizzare. Sia che abbiate assecondato il desiderio di vagabondare nel vostro cuore, sia che abbiate sprecato le vostre possibilità di farlo, “Moon River” vi colpirà emotivamente.
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