Nativi americani contro indiani d’America: Il politicamente corretto disonora i capi tradizionali di un tempo
Chi ha deciso per noi che dobbiamo essere chiamati “nativi americani? Un giorno un giornalista stava intervistando un indiano della costa orientale e il giornalista disse: “Indiano” e l’indiano della costa orientale disse: “No, non ci piace essere chiamati indiani perché abbiamo avuto quel nome quando Colombo pensava di essere sbarcato in India: Preferiamo essere chiamati nativi americani.”
“Beh”, rispose il giornalista, “Io sono di origine irlandese ma sono nato in America e quindi sono anche un nativo americano”. E così quando la storia fu pubblicata il popolo indiano fu etichettato come nativo americano. I giornali della Lee Enterprise, e ce ne sono diversi nel paese degli indiani, decisero di ridurre ulteriormente la cosa e dissero a tutti i loro giornalisti, redattori ed editori di usare solo la parola “nativo” quando si riferivano agli indiani, o per essere politicamente corretti, nativi americani. Così quando leggete un articolo che dice: “Era un nativo di Rapid City” non significa che fosse nativo, ma solo che era nativo. Infatti tutti quelli che vivono a Rapid City sono nativi.
L’attivista Russell Means preferiva il nome di indiano americano. Diceva che proprio come si hanno i messicani americani, gli afroamericani o gli asiatici americani, si dovrebbero avere gli indiani americani.
Durante i giorni degli attivisti degli anni ’60 e ’70 il governo degli Stati Uniti rispose alle proteste degli attivisti proponendo il termine “nativo americano”. E così gli attivisti anti-governativi decisero di accettare il nome Native American, un nome suggerito dal governo degli Stati Uniti, un governo che loro disprezzavano. L’altra spiegazione discutibile fu l’uso da parte di Colombo del termine “una gest in Dios” o “un popolo in Dio” che fu ridotto a “Indios” per l’uso quotidiano da parte degli spagnoli e più tardi fu ulteriormente cambiato in “Indiano” quando la parola si spostò verso nord. E per di più sentiamo che nel 1492 Colombo non poteva pensare di aver raggiunto le Indie perché a quel tempo non c’erano Indie, ma erano invece chiamate Hindustan.
La parte triste di tutto questo fiasco è che così tanti dei cosiddetti “indiani elitari” si sono lasciati intimidire ad usare il nome “nativi americani” e persino “nativi” da un media bianco che sembra aver stabilito l’agenda per come dovremmo essere chiamati.
Un anziano Lakota della Standing Rock Sioux Reservation ha detto recentemente: “Se alcuni indiani vogliono essere chiamati nativi americani o nativi, che si chiamino così, ma io sono nato indiano e morirò indiano”.
Così, se andate in qualsiasi riserva indiana dell’ovest, scoprirete presto che quasi tutti gli indigeni si chiamano “indiani”, specialmente gli anziani che parlano ancora bene la loro lingua. Come disse il capo Oliver Nuvola Rossa pochi anni prima di morire: “Io sono Lakota e sono indiano”. Come giornale indiano dobbiamo stare molto attenti a che il modo in cui ci chiamiamo non ci venga dettato dai media bianchi. Siamo indiani da poche centinaia di anni e il nome porta con sé la nostra storia. Cavallo Pazzo, Toro Seduto e Piccola Ferita (leggi le loro citazioni) si chiamavano tutti “indiani” e lo dicevano con orgoglio. Dovremmo disonorarli dicendo che avevano torto? Al diavolo la correttezza politica: Useremo “indiano” se e quando vogliamo. Non ci faremo intimidire dal gruppo politicamente corretto o dai media bianchi.
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